VERCELLI RICCA CITTÀ STORICA, ARTISTICA E CULTURALE
LA STORIA
Vercelli fu fondata dalla tribù di origine celtica dei Libui, di cui sopravvivono gli elementi caratterizzanti il loro villaggio, datati tra il II e I secolo a.C., proprio nel centro storico cittadino; i reperti più antichi della presenza libua risalgono al V secolo.
Un graduale romanizzazione dei Libui avvenne, nella sua prima fase, attraverso la penetrazione commerciale: oltre alle merci Vercellae acquisisce dal mondo romano gli usi e i consumi. Il toponimo plurale Vercellae potrebbe attestare l’esistenza di un abitato policentrico sui rilievi che garantivano la regimentazione dei corsi d’acqua consentendo scambi commerciali e soprattutto culturali. Inserita dapprima nei foedera (patti di alleanza) tra Insubri e Romani godette di una certa autonomia, che permetteva ai Libui di richiedere aiuto ai Romani in caso di attacco, come più volte avvenne durante il II secolo a.C. La popolazione iscritta nella tribù Aniensis come attestato dalle epigrafi ritrovate nel territorio circostante.
Con la diffusione del Cristianesimo a Vercelli fu eretta la prima diocesi a ovest di Milano. Sant’Eusebio fu il primo a sedere sulla cattedra episcopale vercellese nel 345, travolto dapprima dalle minacce eretiche ancora tenaci, subì l’esilio in Palestina per poi ritornare a Vercelli stabilmente sino alla morte (nel 371).
La città fu attraversata dalle invasioni barbariche nella prima metà del V secolo: Visigoti ed Unni; per poi divenire città longobarda. Tra l’800 e il 1000 assunse un ruolo sempre più forte l’autorità temporale vescovile. I vescovi vercellesi illuminati, tra cui Attone e Leone il Grande, ridiedero alla città un aspetto civile e un’apertura culturale di carattere internazionale, benché le nuove invasioni ungare minarono il clima favorevole. L’attività politica episcopale portò anche all’ampliamento territoriale con la riconquista di territori e l’incameramento di nuove rendite che permisero il fiorire delle lettere e delle arti.
Il potere feudale vescovile subì un arresto tra il 1100 e il 1200, con la contemporanea e progressiva affermazione del libero Comune, il cui primo documento è datato 1141.
Nel febbraio 1219 furono posate le prime due pietre dell’erigenda basilica di Sant’Andrea, per volontà del cardinale vercellese e legato pontificio in Francia e in Inghilterra, Guala Bicchieri. Il cardinale Bicchieri divenne personaggio di primo piano nelle complicate vicende della successione del trono inglese dopo la morte di Giovanni Senzaterra, assunse il ruolo di tutore del re Enrico III d’Inghilterra, di soli nove anni, non solo appose il suo sigillo alla Magna Charta del 1215, ma può essere considerato “l’autore” della Magna Charta Libertatum, emanata a Herenford nel 1217, il primo documento per il riconoscimento dei diritti dei cittadini. Guala, nel 1224, fondò l’hospitale di Sant’Andrea, per i pellegrini che giungevano a Vercelli percorrendo la Via Francigena.
Nei primi decenni del secolo XIII, la città di Vercelli andò arricchendosi di importanti istituzioni, nel 1228 fu istituito lo Studium vercellese, prima università dell’attuale Piemonte.
Vercelli, come tante altre città medioevali, fu interessata dalla sanguinosa guerra tra le famiglie guelfe sostenitrici del pontefice, e quelle ghibelline schierate con l’imperatore. A testimoniare questo intenso periodo di tensioni politiche e di scontri rimangono le torri medievali e i poderosi palazzi cittadini.
Con il matrimonio di Filippo Maria Visconti e Maria, figlia del duca Amedeo VIII di Savoia, la città portata in dote dalla sposa entrò nel dominio sabaudo e visse un periodo di stabilità politica che perdurò anche nel periodo successivo (dal 1427 lo stemma sabaudo è assunto dalla città sino all’avvento della Repubblica); dal Rinascimento si assiste alla realizzazione del Naviglio di Ivrea e ai primi esperimenti di coltivazione del riso, coltura che caratterizza oggi le terre vercellesi. Il perdurare della pace contribuì allo svilupparsi della maggiore scuola pittorica rinascimentale piemontese, a partire dalle opere di Martino Spanzotti, di Defendente Ferrari, di Gaudenzio Ferrari e del suo allievo Bernardino Lanino, nonché la bottega dei Giovenone e di Giovanni Battista Bazzi soprannominato il Sodoma che raggiunse il suo successo a Siena e fu ritratto dall’amico Raffaello nella “Scuola di Atene” nella Stanza della Segnatura al Vaticano.
Quando il ducato di Savoia fu travolto dalla guerra tra Francesi e Spagnoli, la città di Vercelli si trovò abbandonata a se stessa e invasa costantemente dalle truppe spagnole. Il duca di Savia, Francesco I, si rifugiò a Vercelli e nel 1543 vi fece portare la Sacra Sindone, un grande simbolo della Cristianità. La città tornò sotto il dominio sabaudo con la pace di Cateau - Cambrésis del 1559. Il Seicento fu il secolo peggiore per la storia vercellese: assedi, guerre e pestilenze devastarono la città, che con la pace di Utrecht nel 1713 rientrò a far parte definitivamente del dominio sabaudo. Il Settecento segnò un periodo di ripresa che vide la costruzione di nuove chiese, palazzi e teatri, l’apertura dei viali e di nuove piazze nonché la fioritura delle arti e della letteratura, delle scienze e dell’economia artigianale, in particolare l’arte tipografica.
Nel maggio 1800, con l’arrivo di Napoleone, Vercelli fu eletta capoluogo del Dipartimento della Sesia: la città visse un periodo di grandi cambiamenti economici, culturali e scientifici: lo studioso Amedeo Avodagro nel 1811 ipotizzò la costituzione molecolare della materia.
Nell’1814 fu ripristinata la monarchia sabauda e le istituzioni tornarono alla gestione del territorio, risultato storico politico che non fu accettato positivamente dalla parte più illuminata della borghesia e dell’esercito.
La presenza dei Vercellesi non mancò nei moti liberali, nelle guerre d'indipendenza. L’Unità d’Italia smosse i vercellesi ad appassionarsi della vita politico e amministrativa.
Possiamo parlare di progresso sociale e culturale quando nella seconda metà dell’800 fu favorita l’istruzione pubblica e il processo di scolarizzazione di un ampio bacino di scolarizzazione. Furono fondati l'istituto tecnico, il liceo ginnasio, la scuola normale femminile, le scuole di disegno e di musica e, nel 1875, la biblioteca civica. Le stagioni teatrali diventano momento sociale d'incontro e di dibattito.
Con l'arrivo delle prime industrie in città, tra il 1901 e il 1909 si svilupparono le battaglie sociali. Tra le più significative ricordiamo quella per la riduzione dell'orario di lavoro e per la conquista delle "otto ore" delle mondariso il 1°giugno 1906. Il nome della città di Vercelli figura dolorosamente anche in entrambe le due grandi Guerre, con il sacrificio di molti cittadini.
CITTÀ D'ARTE
Città dal fascino discreto, conosciuta soprattutto per l'appellativo di "capitale europea del riso”, Vercelli è in realtà una delle città più interessanti del Piemonte e, quasi certamente, una delle più ricche per tesori e capolavori artistici.
ABBAZIA DI SANT'ANDREA
L’Abbazia di Sant’Andrea è il simbolo cittadino da più di 800 anni. La chiesa è esempio della fusione di elementi romanici e gotici. Eretta tra il 1219 e il 1227 per volontà del cardinale Guala Bicchieri, presenta in facciata un rosone gotico e raffinate lunette sui tre portali. L’ interno è sobrio ed elegante: tre navate con volte a crociera costolonate, un altissimo transetto e un ampio presbiterio con gli stalli del coro intarsiato cinquecentesco (1513 - 1514). L'abbazia custodisce un elegante chiostro e una delle sale capitolari più belle d’Italia: qui nel 1310, alla presenza dell'imperatore Enrico VII, venne firmata la pace tra guelfi e ghibellini vercellesi.
CATTEDRALE DI SANT'EUSEBIO
La cattedrale di Sant’Eusebio, altro simbolo cittadino, fu eretta come basilica cimiteriale probabilmente da sant’Eusebio, primo proto-vescovo di Vercelli nel IV secolo e ricostruita più volte nel corso dei secoli. La facciata barocca settecentesca, dominata dalla grande cupola ottocentesca, è sormontata dalle statue del Salvatore e degli Apostoli.
Della costruzione medievale sopravvive il campanile e l’interno, al centro della navata maggiore, è collocato il crocifisso monumentale (3,25 m di altezza e 2,35 di larghezza) in lamina d’argento di epoca ottoniana e di fattura tedesca, è uno dei più importanti esempi di arte sacra del Medioevo.
CHIESA DI SAN CRISTOFORO
La chiesa di San Cristoforo considerata la Cappella Sistina di Vercelli, custodisce le opere di Gaudenzio Ferrari (1475-1546), il maggiore pittore del Rinascimento piemontese: nell’abside la pala “Madonna degli Aranci” in cui compara la prima rappresentazione pittorica di un violino. Nei bracci del transetto sono affrescate le storie della Vergine e della Maddalena. Tutte le pareti e le volte nel Settecento furono interamente affrescate dalla famiglia dei pittori itineranti dei Bianchi.
I MUSEI
Museo Francesco Borgogna
Il Museo "Francesco Borgogna" è un punto di riferimento regionale per la quantità e qualità del patrimonio esposto. Aprì al pubblico nel 1908 per volontà testamentaria dell'avvocato, filantropo e raffinato collezionista Antonio Borgogna che legò alla sua Città un vero proprio scrigno di tesori d'arte. La sua raccolta eclettica, che comprende Arte italiana ed europea dal XV al XIX secolo tra dipinti, sculture, arredi e arti decorative, si è arricchita di altri capolavori del Rinascimento piemontese e di nuove acquisizioni, diventando la casa di opere donate da privati ed Enti. I suoi affascinanti spazi ospitano numerose attività, allestimenti suggestivi (tra cui una Sala Araba in corso di restauro), concerti e laboratori.
SITO WEB: www.museoborgogna.it
FACEBOOK: Museo Francesco Borgogna
Per orari, aperture straordinarie e tariffe consultare il sito o chiamare al 389 2116858.
Museo del Tesoro del Duomo
Il Museo custodisce una preziosa collezione di oggetti sacri provenineti dalla Cattedrale di Sant’Eusebio. Tra le opere più importanti si ricorda il riempimento del Crocifisso dell’anno 1000, la collezione di reliquiari ascrivibili ad un arco cronologico compreso tra VII secolo ed età moderna e il prezioso paramento cinquecentesco di Papa Giulio II.
SITO WEB: tesorodelduomovc.it
FACEBOOK: Fondazione Tesoro del Duomo Vercelli
TWITTER: @mtdvercelli
INSTAGRAM: fondazionetesoroduomovercelli
Museo Leone
Il Museo Leone, museo storico-archeologico del territorio vercellese, nasce dall'amore per la sua terra del notaio Camillo Leone, che alla morte lasciò le sue raccolte all'Istituto di belle Arti di Vercelli perchè fosse aperto un Museo per i suoi concittadini. Costituito da due edifici storici (la cinquecentesca Casa Alciati e il Settecentesco Palazzo Langosco), uniti da un edificio costruito nel 1939 in occasione della visita di Mussolini a Vercelli, è oggi l'ultimo esempio in Italia di museografia razionalista del periodo. Attraverso una collezione eclettica espone reperti dalle armi preistoriche agli egizi, dai greci ai romani, dai mosaici medievali a porcellane e dipinti di epoca moderna. Un'importante biblioteca raccoglie più di 1200 incunaboli e cinquecentine, codici miniati, manoscritti e pergamene.
Una app. multimediale e interattiva accompagna il visitatore alla scoperta dei personaggi e delle opere che hanno fatto la storia del Museo.
SITO WEB: www.museoleone.it
FACEBOOK: Museo Leone
INSTAGRAM: museo_leone_vercelli
Museo Archeologico Città di Vercelli
Il Museo Archeologico della Città di Vercelli, intitolato al padre barnabita Luigi Bruzza, illustre studioso che si dedicò alla storia e all’archeologia vercellese, è ubicato nella manica medievale dell’ex monastero di Santa Chiara e raccoglie una collezione archeologica di oltre seicento reperti provenienti dalle campagne di scavo cittadine. Il MAC illustra la storia dell’antica Vercellae secondo un percorso articolato in sette sale tematiche, organizzate cronologicamente. L’esposizione, interattiva e multimediale, inizia con l’occupazione preromana del territorio, attraverso l’illustrazione dei reperti provenienti dal villaggio dei Libui, seguendo poi le tappe che caratterizzano il processo di romanizzazione fino alla crisi della città in età tardo antica. Attraverso oggetti di cultura materiale e l’utilizzo di strumenti tecnologici immersivi, il Museo permette di comprendere la vita quotidiana e gli scambi commerciali. Nelle sale successive emergono poi le tracce della Vercellae romana, con le sue infrastrutture pubbliche (mura, strade, porto canale, necropoli, terme e anfiteatro) e le sue ricche domus private. Il museo permette infatti di calarsi nella vita quotidiana delle donne e degli uomini dell’epoca, nelle loro occupazioni domestiche, artigianali o di commercio e di seguire i loro culti e i riti legati alla sepoltura.
FACEBOOK: MAC - Museo Archeologico Città di Vercelli "Luigi Bruzza"
INSTAGRAM: Museo_Archeologico_Vercelli
ARCA
Collocata nella navata centrale della chiesa di San Marco, “Arca” è una struttura modernissima in vetro e acciaio. Questo innovativo parallelepipedo è ormai divenuto uno dei simboli cittadini, nonché “cifra stilistica” della volontà e capacità di coniugare antico e contemporaneo: le volte in cristallo della struttura consentono infatti di ammirare quelle medioevali e maestose di San Marco; a sua volta l’ex chiesa sta restituendo alla fruizione di Vercellesi e turisti i meravigliosi affreschi quattrocenteschi nascosti disvelati dai giovani restauratori del Centro Conservazione e Restauro di Venaria Reale. È utilizzata per ospitare eventi e mostre
TORRI MEDIEVALI, PIAZZE E PALAZZI NOBILIARI
L’antico centro cittadino è caratterizzato da vie commerciali, vicoli e piazze che recano ancora una traccia ben visibile dell’antica pianta urbana medievale.
Significative sono le torri medievali, simboli del potere civico e familiare, che pongono Vercelli tra le città turrite del Piemonte: la torre dell'Angelo, di proprietà comunale, domina la centrale piazza Cavour. La piazza, da sempre cuore economico e pulsante della città, coronata dai portici, vede al centro il monumento ottocentesco al conte Camillo Benso di Cavour.
Sulla via Duomo si affacciano alcuni tra i palazzi nobiliari più belli della città, tra cui il palazzo Avogadro della Motta, che ospitò due volte Napoleone.
Altri interessanti palazzi storici si possono ammirare lungo Corso Libertà, importante via commerciale che attraversa tutto il centro storico, tra cui il cinquecentesco palazzo Centoris con il suo cortile bramantesco e la medievale casa Tizzoni, che ospita al piano terra un salone affrescato da Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, importante pittore cinquecentesco piemontese.
LA CULTURA UNIVERSITARIA E MUSICALE
Vercelli è una delle sedi dell’Università del Piemonte Orientale (UPO), che ha raggiunto un’ottima posizione nel ranking nazionale delle sedi universitarie in Piemonte, determinante è stata la collaborazione con il Comune di Vercelli.
Tra le manifestazioni culturali di carattere internazionale si pone il Concorso Musicale “Giovanni Battista Viotti” organizzato dalla storica Società del Quartetto di Vercelli e dedicato ai giovani talenti musicali e canori. Istituito nel 1950 da Joseph Robbone è il concorso che vanta il maggior numero di edizioni al mondo.
Il Viotti Festival (1998) organizzato dall’Associazione Camerata Ducale di Vercelli, si è affermato negli anni tra le realtà musicali più interessanti del panorama nazionale ed internazionale per la valorizzazione della musica del violinista Giovanni Battista Viotti.
Il Teatro Civico è la sede prestigiosa di ricche stagioni di prosa, di musica e di danza che il Comune di Vercelli programma ogni anno.
LO SPORT
Vercelli ha fatto nascere e sviluppare molte società di sport differenti che hanno a loro modo contribuito a creare un pezzo di storia vercellese.
È nella provincia vercellese che sopravvive un calcio dal sapore antico, che lascia trapelare le vicende di un passato ricco di fascino. Qui si cominciarono, tanti anni fa, a formare vere e proprie scuole calcistiche, che ricercavano la qualità, ricche di personaggi che alla palla di cuoio hanno donato intraprendenza, fantasia e classe sopraffina. Queste squadre sembravano dover scomparire, ma hanno saputo sopravvivere, proprio come la Pro Vercelli Calcio. Il colore delle maglie era il bianco, abbinato a calzoncini neri: la divisa divenne caratteristica, il soprannome dei giocatori era ed è ancora oggi Bianche Casacche. È detentrice di sette scudetti e famosa per aver regalato campioni anche alla Nazionale come l’indimenticabile Silvio Piola. La Pro Vercelli insieme al Casale, al Novara e all’Alessandria diedero vita al famoso Quadrilatero Piemontese.
Altra società storica è la Società Ginnastica Pro Vercelli. Nacque nel 1892 ad opera di Marcello Bertinetti. Ancora oggi questa società allena atleti formidabili.
La Pro Vercelli Scherma nacque nel 1896 come sezione di scherma della Ginnastica Pro Vercelli.
Solo nel 1977 divenne società autonoma, con Statuto proprio. Fin dagli esordi i risultati sportivi sono stati ad altissimi livelli, sia in campo nazionale sia in quello internazionale ed olimpico.
A Bruxelles nella sede del Parlamento europeo, Vercelli ha ricevuto nel 2019 il riconoscimento di Città Europea dello Sport. Vercelli è stata premiata grazie a molteplici componenti: il numero di associazioni sportive della città, il numero di impianti e i titoli olimpici che i talenti vercellesi hanno conseguito. Il tutto con un occhio di riguardo verso i bambini e i disabili.
LA CULTURA ENOGASTRONOMICA
Una gastronomia semplice e gustosa è quella vercellese. Piatto tipico di Vercelli è la “panissa”: a base di riso con fagioli e carne di maiale irrorata con vino rosso, mentre la pasticceria si caratterizza per i “bicciolani”, gli amaretti morbidi e la tartufata. A corona della gastronomia, i corposi vini del territorio vercellese e i formaggi valsesiani.
L’area collinare della provincia di Vercelli non è molto estesa ma produce vini da più parti considerati i migliori d’Italia per qualità, per delicatezza e armonia.
Siamo nelle Terre del Nebbiolo del Nord Piemonte, un vitigno dalla cui uva si ricavano vini rossi corposi e longevi, vini che si prestano all’invecchiamento e vini giovani, ma soprattutto vini che sanno sposarsi sapientemente con i piatti della tradizione locale, dai risotti tipici del vercellese ai dolci semplici ma deliziosi delle zone di montagna, dai gustosi formaggi valsesiani alle verdure.
Le principali produzioni sono:
Gattinara: D.O.C. dal 1967; D.O.C.G. dal 1991
Figlio del Nebbiolo, vino dal colore rosso granato tendente all’aranciato, dal sapore asciutto e armonico nonostante il retrogusto amarognolo. Si coltiva esclusivamente su terreni vocati dell’omonimo comune. Straordinario negli abbinamenti con arrosti, carni rosse e selvaggina. Per essere assaporato in tutta la sua pienezza è sottoposto a un invecchiamento di 3 anni (di cui almeno uno in botte di rovere) o 4 anni per la tipologia Riserva (due in botte di rovere).
Bramaterra: D.O.C dal 1979
Figlio del vitigno del Nebbiolo, integrato da Croatina, Bonarda e Vespolina. Si presenta all’occhio con un colore rosso granato con bagliori aranciati. Il profumo intenso e il sapore denso ma al tempo stesso vellutato e delicato lo rendono adatto ad arrosti e piatti forti.
Coste della Sesia: D.O.C. dal 1996
Prodotto in tre varianti (Rosso, Rosato e Bianco) di pronta beva ma non per questo meno ricche di talento. La sua zona d’origine corrisponde all’area che lambisce il fiume Sesia.
Vino di colore rosso vivo, ha un odore vinoso e intenso e un sapore corposo e secco ma comunque equilibrato.
Erbaluce: DOCG dal 2010
Un vino dal colore limpido e dall’odore fine e fresco, prodotto nelle tre varianti bianco, passito e spumante impiegando un vitigno autoctono piemontese a bacca bianca tra i più antichi in Piemonte. Si sposa perfettamente con piatti a base di pesce e con il sapore delicato dei risottini di primavera.
La variante Passito è ricavata da un sapiente e accurato appassimento delle uve di ben 4 anni: il risultato è un vino dal colore ambrato, dal profumo delicato e dal gusto dolce e vellutato, mentre lo Spumante si distingue per un sapore fresco e fruttato e un perlage persistente.
Una splendida zona di montagna come la Valsesia ha nei formaggi il suo punto di forza. La vera regina della tavola è la Toma, un formaggio d’alpeggio dal gusto inconfondibile di cui esistono diverse varianti a seconda della stagionatura e della lavorazione, usata da sola o in accompagnamento a molte portate. La varietà più famosa è quella del Maccagno: lavorata originariamente in ValVogna, sull’Alpe Maccagno (2.200 m), è oggi uno dei formaggi riconosciuti a livello piemontese e tutelato da marchio D.O.P. Altri formaggi molto particolari sono, ad esempio, i Tomin d’crava, di latte caprino o il Salagnun, preparato con toma fresca sbriciolata e impastata con mascarpone o panna, sale, pepe in grani, lasciato a riposo fino a maturazione.
LA TERRA DEL RISO
Vercelli è la "capitale europea del riso” dai primi anni del Novecento con migliaia di ettari di risaie e più di 100 varietà di riso coltivate. Nel 1908 fu insediata la Stazione Sperimentale di Risicoltura che vede attivare la ricerca per nuove varietà di riso e la sperimentazione di nuove tecniche colturali. In Città viene fondata la Borsa Risi, in cui ancora oggi avvengono le più importanti transazioni di risone. L’Ente Nazionali Risi, fondato nel 1931, svolge anche oggi attività di assistenza tecnica ai risicoltori e di ricerca scientifica per il miglioramento genetico del riso, oltre alla promozione del riso italiano e alle attività istituzionali e politiche agricole.
Oggi la risicoltura vercellese è un settore in cui convivono tradizione ed innovazione: la ricerca di nuove tecnologie e nuove tecniche agricole e nuove varietà si conciliano: Vercelli è il fulcro del triangolo risicolo italiano.
La coltivazione del riso vanta una lunga storia nel Vercellese a partire dal 1123 anno in cui i monaci Cistercensi provenienti dalla Borgogna (regione francese) fondarono l’Abbazia di Santa Maria di Lucedio nei pressi di Vercelli, bonificando la zona circostante e iniziando la coltivazione del riso che, a partire dal 1400, inizia a connotare l’intero territorio. Inizialmente il riso fu utilizzato a scopo medicale, come testimoniato dai documenti dell’Ospedale Maggiore di Vercelli della stessa epoca.
La vera svolta nella coltivazione del riso avvenne nel XV secolo, grazie agli studi in ingegneria idraulica agraria di Leonardo Da Vinci, che permisero la gestione dell’irrigazione, realizzando le prime invenzioni per il sollevamento delle acque.
Lo sviluppo della risicoltura nel vercellese e non solo, la si deve alla figura di Camillo Benso, conte di Cavour, Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia proclamato nel 1861.
Camillo Benso fondò, nel 1843, a Vercelli l’Associazione di Irrigazione Ovest Sesia, il primo consorzio irriguo privato d’Italia che ancora oggi gestisce la distribuzione delle acque irrigue nel territorio ad ovest del fiume Sesia.
Fu lui ad affidare all’Ing. Carlo Noè la realizzazione del Canale Cavour, costruito con il lavoro di braccia e di badili in mille giorni, dal 1 giugno 1863 al 12 aprile 1866.
Il Canale Cavour è un'opera che desta meraviglia sia per la rapidità di costruzione, sia per la perfezione costruttiva ottenuta impiegando solo mattoni e pietre. Oggi, nonostante l'evoluzione tecnologica, un'opera simile richiederebbe certamente tempi più lunghi. Si può affermare che il canale Cavour fu, per parecchi decenni, il fiore all'occhiello dell'ingegneria idraulica italiana ed europea, tanto che viene ancora considerato la più grande opera di ingegneria idraulica mai compiuta in Italia.
L'ambiente di risaia regala fascino e suggestioni grazie anche all’equilibrio tra la natura e l'attività dell'uomo. Le risaie e i canali di irrigazione rappresentano infatti un ambiente di vita e di riproduzione per molte specie animali: uccelli, anfibi e piante.
Dall’inizio del 900 la risaia vercellese diventa anche un laboratorio sociale. Il trapianto e la monda del riso, oltre che la mietitura, hanno bisogno di molta mano d’opera. Queste attività, fino agli anni Cinquanta del Novecento, portano nella risaia vercellese, dalla tarda primavera, decine di migliaia di persone, in particolare mondine, le lavoratrici stagionali della risaia che tanto hanno ispirato la letteratura e il cinema. La figura della mondina scompare nei primi anni ’60 con l’introduzione dei fitofarmaci e l’affermarsi della meccanizzazione. Oggi, la risicoltura vercellese è un settore in cui convivono tradizione e innovazione, dove la ricerca di nuove tecnologie, nuove tecniche agricole e nuove varietà va a braccetto con la vocazione di Vercelli che è il fulcro del “triangolo risicolo italiano”.
Il riso non costituisce soltanto un alimento, è società, politica, cultura, economia, bellezza del paesaggio e senso d’appartenenza.
È entrato nella vita della gente come cibo quotidiano ma fa la sua parte anche nelle feste religiose e nei riti nuziali, nei quadri così come nelle canzoni.
La sua coltivazione ha modificato i paesaggi, introdotto nuovi piatti e fornito ai contadini nuove fonti di reddito.
La coltivazione del riso nel nostro Paese è una pratica che nel corso del tempo si è andata sempre più delineando come identità storica e culturale territoriale.
Varietà di riso vercellese:
Nel Vercellese si coltivano oltre 100 varietà di riso; tra queste va annoverato il Riso di Baraggia Biellese e Vercellese, prima e unica D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta) italiana nel settore del riso dal 2007.
Baldo: varietà "giovane” derivante dall’Arborio, è un riso superfino di grande qualità e dalla straordinaria resa gastronomica. Ricco di amido, ha chicchi grandi che tengono molto bene qualsiasi tipo di cottura.
Arborio: è un riso storico di enorme successo che prende il nome dall’omonimo paese in provincia di Vercelli. Ha i chicchi più grandi tra tutte le varietà italiane, ma che cucinano in modo uniforme mantenendo al dente il nucleo centrale.
Nuovo Maratelli: tornato a essere prodotto dopo anni di abbandono, è sicuramente uno dei risi che ha fatto la storia della risicoltura. Il chicco si presenta di forma tondeggiante ed è adatto a un tipo di cucina "ruspante” e per semplici e gustosi risottini a base di erbette e aromi
Sant’Andrea: tipico della Baraggia(la zona più a nord della piana vercellese, un tempo brughiera selvaggia e ora Riserva naturale che tutela un ambiente particolare e una terra ricca di pievi e castelli). Ha una struttura compatta e chicchi semiaffusolati. La versatilità di questo riso lo rende indicato per minestre, risi "all’inglese” crocchette, frittelle o torte di riso, ma anche semplicemente per essere bollito e consumato come contorno al posto del pane o delle patate.
Carnaroli: tra le grandi varietà di riso superfini, questa è quella prediletta dalla grande cucina per il suo elevato livello qualitativo. Particolarmente consistente, tiene bene la cottura e ha grande capacità di assorbimento. Questa caratteristica lo rende ideale per risotti ben sgranati, per insalate di riso e per piatti dell’alta gastronomia.
Balilla: detto anche Originaria, essendo la prima varietà di riso coltivata in Italia, presenta chicchi piccoli e tondi che lo rendono particolarmente adatto a zuppe e minestre, ma può essere impiegato con successo anche nella realizzazioni di timballi, crocchette, supplì e dolci.
Nella Pianura Padana le mondine con il loro impegnativo lavoro – per il quale erano spesso costrette a migrazioni stagionali – il loro abbigliamento tradizionale, le condizioni precarie nelle quali erano spesso costrette a vivere, e con le loro lotte al fine di ottenere condizioni di lavoro più eque sono entrate, specie dagli inizi dell’Ottocento, nell’immaginario collettivo generando nei pittori ma anche nei letterati, nei musicisti e registi il bisogno di raffigurarle, ognuno con la propria arte, per raccontare uno spaccato della realtà italiana di quel periodo.
IL RISO NELL’ARTE
Tra i vari pittori interessati a immortalare il mondo delle mondine troviamo Giuseppe Pellizza da Volpedo (Membra stanche, 1903- 1906), Renato Guttuso, che realizzò una serie di illustrazioni per il noto film di Giuseppe de Santis “Riso amaro” con Silvana Mangano, girato nelle campagne vercellesi e soprattutto Angelo Morbelli, 1853 –1919, uno dei maggiori rappresentanti del Divisionismo italiano. A contatto da sempre con le risaie della bassa Vercellese, Morbelli ha dipinto opere suggestive sul lavoro delle mondine, applicando la tecnica divisionista in modo quasi maniacale.
La tecnica divisionista fu, infatti, lo strumento che l’artista utilizzò per confrontarsi con la realtà, sperimentando continuamente e rapportandosi al colorismo dei pittori italiani del Seicento.
I quadri di Morbelli hanno la loro importanza non solo sul piano artistico, suggeriscono infatti anche approfondimenti sulle tecniche di coltivazione del riso e sulla storia del lavoro nelle campagne, in particolare a Vercelli, tra Ottocento e Novecento.
Di proprietà del Museo Borgogna di Vercelli, l’opera “Per ottanta centesimi!” (1895), un’ulteriore opportunità per approfondire il tema del lavoro femminile (il titolo dell’opera indica il compenso quotidiano delle mondine, 80 centesimi appunto), in particolare di quello svolto nelle risaie, ma anche per seguire lo sviluppo del divisionismo dello stesso artista.